Pudore e Kebab

Ho trovato il posto. Il posto esatto. E adesso non so che cosa fare. Se dirlo a qualcuno, se fare qualcosa.
Da tempo ero scoraggiato. Perché mi sembra di ricordare che nella mia infanzia fossero in mezzo a noi, pur non facendosi mai notare. Pudore, Moderazione, Vergogna, erano così modeste che, anche nel tempo in cui erano presenti, finivano per non dare mai nell’occhio.
Così, quando hanno deciso di andarsene, lì per lì nessuno se n’é accorto. Finendo per condividere il destino di quegli utensili da cucina. Quelli che ti sembrano indispensabili quando li cerchi; ma visto che tra un utilizzo e l’altro passano mesi, finisci per dimenticarli. La stessa fine hanno fatto Pudore, Moderazione, Vergogna. E ce ne siamo accorti tardi. Quando ce n’era bisogno. E non sapevamo dove fossero finiti.
Poi a Torino sono entrato in un esercizio, che da fuori sembrava molto più dimesso e meno pulito di quanto fosse in realtà. Ah! Gentili erano gentili, quei due cinquantenni in sovrappeso, che dopo ho scoperto essere moglie e marito. Ma non ci ho fatto caso.
Ordino un kebab e una birra in bottiglia. Abbinamento per niente filologico. Sento la signora servire un’altra cliente, intanto che aspetto che il mio panino esca dalle cucine. La cortesia mi sembra sovrabbondante, ma non fastidiosa o falsa. L’altra cliente esce. Subito la esercente (così la definiva il brutto adesivo regionale sulla vetrina) la rincorre. Sento che le dà lo scontrino e si scusa “Non ha preso lo scontrino, ma sa: dobbiamo farlo”. Dove sono capitato? Di solito sono io che litigo per farmelo fare, lo scontrino. Allargo le pupille e senza volere aggrotto la fronte. Tanto il muro contro cui è appoggiato il mio tavolino minimo non mi vede. Restando in equilibrio sul mio sgabello, ascolto la cliente andarsene e la signora rientrare. Sorrido, ma forse dal di fuori non si vede neanche. Pochi secondi dopo un tonfo da fuori , che non riesco a decifrare. Passano un paio di minuti e n passante entra avvisando che è caduta la tabella. Con un’apertura del tutto torinese delle vocali.

La tabella era il piccolo treppiede di legno che regge il menù del giorno. Anche se considerando dimensioni del locale, arredamento escelta dei piatti, non penso che tornando l’indomani avrei trovato un menù del giorno differente.

L’esercente uomo esce e dopo averlo rialzato rientra. Vorrebbe lamentarsi, ma accenna solo timidamente. “E’ stato per terra un momento  qualcuno ha fatto in tempo a buttarci un  mozzicone.”  Vorrebbe dire di più, ma sente di non poterselo permettere. Ma si fa forza e aggiunge. “E pensare che basterebbe così poco per stare tutti bene”. Sorrido, ma non è un sorriso di circostanza. Gli voglio bene, davvero. E’ la frase giusta. Nel momento giusto. E lui ha avuto il coraggio (o la fortuna) di dirla.
Nella sua mente non so quale sia la catena di pensieri, ma dopo un po’ mi dice: “Mia moglie non vuole che parli di politica, che poi la gente si offende”. Il mio sorriso cauto ma pieno ci fa capire molto, l’uno dell’altro. E non ne parla di politica. Ma ormai da quei monosillabi, da quelle frasi di indignazione garbata, abbiamo capito che parliamo la stessa lingua. La punta di rassegnazione non era intolleranza verso le persone, ma solo verso i loro gesti. “E pensare che basterebbe così poco per stare tutti bene”. Parla di educazione. Forse solo di mozziconi. Ma a me piace pensare che parli di uomini. Di società. Di universo. Penso che io, uno così lo voglio votare. Glielo dico, che il Kebab è ottimo. Probabilmente sono troppo enfatico, ma nella valutazione ci ho messo anche la simpatia per quel posto modesto. Ma era buono davvero quel kebab.

Esco salutando e dopo pochi passi me ne rendo conto. Che Pudore, Moderazione, Vergogna sono nascoste lì, in quel negozio all’angolo di Corso Stati Uniti, a Torino. Faccio qualche passo verso la stazione: ho un treno da prendere e sento che il tabellone del menù del giorno cade ancora sul marciapiedi. Torno indietro deciso per poterlo rialzare. Con una indicibile soddisfazione. Perché un pizzico di quelle virtù mi sono rimaste attaccate ai vestiti.

E adesso non so cosa fare, se dirlo a qualcuno che ho ritrovato Pudore, Moderazione, Vergogna. E proprio lì, in un posto qualsiasi. E vorrei dirlo a tutti.

Ma ho un treno da prendere e vado verso la stazione.

7 comments

  1. Pudore, Moderazione e Vergogna sono sorelle. E amano stare in famiglia con la loro madre, che non le abbandona mai. Per cui, dove tu le hai trovate, c’era di sicuro anche lei: la Dignità.

    1. TheAubergine, qualcosa non ha funzionato, perché il tuo commento (di cui ti ringrazio sia per la parte meritata che per la parte esuberante) è stato messo in SPAM. Deve essere un database invidioso.

      Peace and Love.

  2. Questo post mi piace davvero un mondo.
    Mi piace perché racconta delle sensazioni che vorrei provare tutti i giorni e che invece non provo quando entro in qualsiasi esercizio pubblico.
    Sono tornata da poco dal Galles e là mi sono lasciata conquistare dalla cortesia e dal Pudore della gente che, per sbaglio, ti sbatte addosso per strada (capita camminando di toccare con un braccio qualcuno), si ferma un secondo, ti guarda negli occhi e ti chiede scusa. Ah come vorrei che fosse sempre così, soprattutto in Italia.

    E pensare che basterebbe poco per stare così bene… Caspita come hai ragione!

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