Non è una brutta giornata, non la aspetta niente di particolarmente terribile. Ma Clara oggi non ha proprio voglia di uscire. Si prepara con cura davanti allo specchio del bagno.
Un filo di trucco ci vuole sempre per una signorina. E quanto le manca la nonna che diceva così. E quando lo diceva, Clara sorrideva di nascosto. Ma quel ricordo la scalda in un modo strano: un po’ la consola, un po’ accentua il disagio per quel freddo fuori.
Clara vorrebbe restare nella sua grotta oggi. Non andare al lavoro, non vedere nessuno, passare la giornata a fare un mare di niente. Magari a disfare gli scatoloni, che il trasloco è fatto da poco. Magari prendersi il lusso di vederla scivolare piano, tenendo in mano di volta in volta una tazza cilindrica, un buon libro, un telecomando, un rimpianto lasciato a metà. Senza un ordine preciso.
Ma oggi c’è da andare e si va. Pensa questo Clara, per farsi coraggio; per rimuovere quel masso davanti alla entrata della grotta e andare fuori. Dentro la nuova giornata, in quel sole bio di febbraio che sembra aver disimparato a scaldare.
Il rosso è un bel colore, pensa indossando un rossetto con la mano ferma di un chirurgo. E intanto che lo pensa, nello specchio si vede verdastra. Colpa di questa lampada a risparmio energentico, meno indulgente di quelle a incandescenza che aveva da bambina, a casa. Sarà che fuori dalla finestra non c’è quella fila di montagne disordinate che lei chiamava per nome. Sarà che anche questa vita è un po’ a risparmio energetico.
Cerca pensieri positivi e nel farlo va a scavare in fondo a un respiro abissale. Quando riemerge pensa alla musica. Pensa alle vibrazioni di quell’ottone. Si ripromette di impararlo meglio quel brano: di trovare nella testa il giusto tono. Proprio lì al centro della fronte, un centimetro scarso sopra il naso.
Proprio lì è dove sente l’istinto di rintanarsi, di restare coperta, di non prendere rischi. Lo stesso impeto che invece, quando suona, sembra trasformarla. Socchiude gli occhi e vola. E in certe sere speciali, le sembra che anche chi l’ascolta sia trascinato. Le sembra di avere un potere immenso, simile a quello dei suoi sogni di bambina: quando si vedeva su un palco e studiava quell’inchino leggero, quello da fare quando tutti le applaudivano un grazie finale. Quando tutti sembravano parlare la stessa musica.
Forse è questo che le manca. L’occasione di fare quell’inchino. La speranza di vedere qualcuno alzare gli occhi e guardarla nei suoi. Proprio lì: un centimetro scarso sopra il naso. Dove vibra, dove esce, dove c’è la musica.