Centocinque

ortodi noci

Se mio nonno fosse ancora vivo oggi mi sarei segnato di chiamarlo per fargli gli auguri. Cercando di indovinare l’orario giusto, quello in cui è più facile trovarlo vicino al telefono. Magari poco prima di mezzogiorno: quando lui era già pronto a tavola prima ancora che fosse pronto in tavola. E allora sì che lo sentivi brontolare.

Gli direi qualche frase stupida tipo “Certo che centocinque anni sono proprio tanti!”. Certo: è del dieci.
Gli direi che è un peccato che Francesca l’abbia solo intravista e che non abbia conosciuto i bambini. Gli piacerebbero tanto, ne sono sicuro. Non gli darebbero soddisfazioni, quello no. Perché anche passandolo a trovare, le raccomandazioni si dimenticano in fretta: due saluti al volo, due risposte su come va la scuola e poi fuori. Perché il richiamo del bosco di noci è irresistibile. E via a raccogliere uova e a tagliare angurie difettose con il badile, per darle alle anatre.
Ma di una cosa saresti fiero, nonno Duilio, di vedere come sono svegli e spiritosi. Sempre con la battuta pronta. E magari diremmo che è una cosa ereditaria, come essere testardi e avere buona memoria. Ah no: non guardare me. Io parlavo di te.
E poi mi racconteresti le tue storie (sempre quelle) e io starei ad ascoltarle una volta ancora. Ma sai che rinfacciano anche a me di raccontare sempre le stesse storie?
Chiuderei promettendo di venirti a trovare, come ho sempre fatto. Senza avere un’idea precisa di quando sarà. Certo che centocinque sono proprio tanti.

18 comments

  1. I nonni che hanno vissuto l’essenzialità delle cose belle della vita, tra gli alberi, il sole e gli animali, sono quelli che hanno avuto i regali più belli. Quanto avrei voluto rinascere nonno! ;)

  2. Commovente. Letto quando l’hai pubblicato e poi ho aspettato a commentare perchè parlare di nonni scatena in me sentimenti forti. L’ho riletto e ancora, commovente.

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