come la noia

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Perché quando la noia ti circonda e tu sei all’undicesimo piano, hai davanti una gamma molto limitata di opzioni.

Una di queste è guardare la televisione. Tanta televisione, tanta tanta televisione, tanta tanta tanta televisione. Magari dando anche ascolto alla prof di lettere che dice che vanno scelti preferibilmente programmi educativi. E se hai una prof di lettere che usa avverbi come preferibilmente, allora lo capisci subito che tu di chance nella vita ne avrai davvero poche.
Ma i cartoni animati non lenivano il senso di noia. Le loro immagini fisse e ripetitive come la trama di ogni episodio non soddisfacevano nessun desiderio di evasione. E a questo andava aggiunto il senso di colpa che derivava dai proclami disfattisti dei grandi sulla “televisione che rincretinisce” sui “cartoni animati giapponesi che fanno diventare violenti”. La violenza, a dire il vero, la generavano: ma solo perché quando io volevo vedere un programma e mio fratello un altro, spesso finiva che facevamo a botte. Poi il nesso di causalità lo valuteremo in appello.
Guardavo tanta televisione, ma mi interessavano soprattutto i documentari. I bei documentari di Quark con dentro tanti animali e tanta natura e tante leggi del mondo.

Ma quando neanche questo bastava allora c’era la chitarra. Fotocopie di canzonieri scritti in un carattere piccolissimo, con gli accordi (a volte persino corretti) scritti a mano. E poi gli arpeggi, più consoni al decoro del condominio, per  volare via da quella stanza. In avanti, verso amori plausibili in rima, oppure verso palchi, verso storie, verso fantas… “Ehi! Io di qua sto facendo i compiti! Non rompere con quella chitarra! Che tanto fai schifo a suonare.”
Ecco! Poi si atterrava bruscamente.

A volte erano esperimenti scientifici. Tipo prendere un batuffolo di cotone, metterlo nel bidè, sporcarlo di alcool denaturato e dargli fuoco. Pochi secondi di terrore e meraviglia. Vedere la fiamma che diventa blu e arancione e blu. E lascia vapori e sbuffi che poi è un casino mandare via dall’atmosfera viziata del bagno. Passando in pochi secondi dalla scoperta scientifica alla certezza scientifica che saremmo stati scoperti.

A volte era il campetto condominiale. Fondo di terra (molto) battuta, siepi di ligustro e forma triangolare. E quando vincevi a pari o dispari nessuno sceglieva palla, ma tutti campo. E poi Felice che era una schiappa, ma il Tango era suo. Sì, era il Tango di gomma, non quello di cuoio, ma vuoi mettere? Allora ti toccava sceglierlo e in porta fare un po’ per uno. Altrimenti se ne andava, pallone compreso.

Ma alla fine siamo sopravvissuti a tutta questa noia. E siamo persino diventati grandi.

25 comments

  1. E l’ho pure dovuto rileggere un paio di volte (un paio alla sarda, che vuol dire sempre più di due) per cercare la noia nascosta tra le righe. E mica l’ho trovata, eh! Però dev’esserci stata sicuramente se siete diventati grandi.

  2. La noia del tuo racconto è una “sana”noia, c’è di peggio in giro, in fondo è un po’ la vita di tutti noi; chi più chi meno, non c’è però cattiveria in tutto questo, ciao Giusy

  3. Contro la noia: I miei fratelli erano chitarristi incalliti e mi obbligavano a cantare mentre loro strimpellavano.
    Loro strimpellavano ed io cantavo da dio… si fa per dire! :-)

  4. Immedesimata! mi CI rivedo proprio.
    No, guarda, una volta, era estate, eravamo in vacanza, io mi asciugo i capelli, arriva quella po’ po’ di mì sorella e fa: -ma non hai niente da fare tutto il giorno tu, che ascoltare musica?- L’hai percepito il tono?
    Ora, mi guardo tanta tv :
    – un posto al sole
    – uomini e donne
    – chi l’ha visto
    – quarto grado
    – real time e focus.
    E la noia la noia la noiaaa per mezzora va via

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