Riflessioni nebbiose di un altropolide

nebbiosa

Quando abitavo a Cinisello Balsamo mi sentivo mantovano. Erano anni strani, classi molto miste, di gente nata sulla coda del baby boom. I nostri genitori erano nati in posti molto lontani e parlavano quasi lingue diverse. E noi bambini creavamo la nostra lingua: a metà tra quella dove siamo cresciuti e la loro. Ma a chi mi chiedeva, io dicevo di essere mantovano. Volevo crederci, mi piaceva vederla così.
Quando andavo nel mantovano mi chiamavano milanese. All’inizio pensavo fosse una presa in giro, ma poi ho capito che ero diverso, ero un cittadino. Anche se preferisco la definizione di mia nonna Rina: “siete polli d’allevamento”.
Quando mi sono trasferito a Roma ho mediato le origini e ho preso a definirmi lombardo. A dire il vero ho provato a dire padano, ma poi si sono inventati la Padania e allora sembrava che volessi aderire a quella fantageografia.

Il fatto è che io mi sono sempre sentito di un altro posto. Non un apolide, un posto dove disfare le valige al rientro ce l’ho. Piuttosto la mia definizione è altropolide. La mia casa c’è ma è altrove, dovunque io mi trovi è altrove.
Nella mia testa di persona fin troppo cauta, questo mi ha tolto un po’ di remore nello spostarmi. E questo è solo un bene.

Ma ci sono cose che mi mancano molto. Come la nebbia. Sì, la nebbia: quella che nei cori ignoranti dei tifosi da stadio viene identificata come l’emblema di Milano. In realtà la nebbia era molto più fitta e frequente quando ero bambino. E in realtà più che a Milano l’ho vista lungo il Po.

Ecco la nebbia mi manca. Mi manca quel senso di torpore freddo. Quell’ottundere dentro e fuori. Quella concretezza assoluta. Perché se devi contare i lampioni sulla tua strada (o i pioppi in golena) per capire quanto è densa, allora non hai testa per le balle; non vaneggi, non credi alle cazzate. Non hai l’illusione di volare. Vedi solo quello che è così vicino da essere alla tua portata. Lo tocchi, lo misuri, lo raggiungi se vuoi. E hai tutta la tua responsabilità in mano. Anche a costo di fare un altro passo senza i sogni di un orizzonte alpino, senza le filosofie ingannevoli di un orizzonte di spiaggia.
Sei lì, sei tu, c’è quello: e poi tocca solo a te.

50 comments

  1. Penso che la tua visione poetica – senz’altro condivisibile dal punto di vista romantico – della nebbia, sia in gran parte dovuta al fatto che non ci devi guidare spesso in mezzo.

  2. “non esistono più i nebbioni di una volta, quelli che si tagliavano con il coltello” … quindi, ora come ora, noi lombardi possiamo vedere un po’ più lontano al limite della nostra portata

  3. La nebbia è la poesia delle canzoni milanesi, e dei film di
    (non mi viene il nome, sigh. quello della Lingu del Santo, per dire. Oddio l’Alzheimer).

  4. “Siamo identità e differenza, chiusura e apertura, appartenenza ed erranza”
    Siamo complicata umanità, unione di ciò che è stato con ciò che è!
    E la nebbia torna anche dentro di me, come certi pomeriggi passati sulle strade di una regione non mia che mi ha tenuta tra le braccia per un po’.

  5. Quest’anno da noi c’è stata ‘ancora’ la nebbia-nebbioni-di-una-volta pure in centro città :P
    La nebbia è l’unica cosa che apprezzo della Padania e che mi piace sempre.
    Avvolge le cose e spesso sembra custodirle con il mistero e i tratti sfumati.

    La nebbia è nel dna, secondo me. .. e il gene o ce l’hai o non ce l’hai :)

      1. Ogni realtà di oggi è destinata a diventare ricordo domani, devo credere che tutto è ingannevole? Posso vivere e/o ricordare con distacco intellettualmente onesto e ciò che è vero lo resta e ciò che non lo era, pure. Forse ingannevole è la nostalgia con cui si ricorda. Troppo lungo, lo so. Mi scuso.

  6. Andreste d’accordo con la blogger-scrittrice Zena Roncada (il suo blog ha per sottotitolo “Pesci di nebbia”…)
    Dice che nella nebbia “impari, sulla pelle, che le forme senza contorni netti sono più vicine e si prestano qualcosa”.
    Questo mondo così bisognoso di contorni netti e di tagli decisi tra bianco e nero (al di là di automobilistiche ragioni) non può amare la nebbia. Ma io non guido :)

  7. Quanto ti capisco! In tutto.
    A partire dal sentirsi “altropolide”. Son nata milanese, formata milanese, lavorata milanese, poi negli Stati Uniti e mi definivo italiana e in seguito europea, poi in Sardegna e mi definivo meneghina per far capire che sono una di quelle che ricordano i nebbioni di Milano e le trincee di neve. Ricordi quanta neve da piccoli? Poco tempo fa stavo per trasferirmi a Roma per un nuovo inizio ma non è andata. Mi dispiace perché avrei parlato dell’anima della nebbia e della neve a chi di nebbia e neve sa meno di noi. ;-)
    Bellissimo post.

      1. 😀 …sulla Terra, sulla Terra in quel della meneghina Piana ma sto meditando seriamente di scoprire qualche nuovo posto dove vivere per coltivare, perché no, anche qualche piccola nostalgia 😉

      2. Non si finisce cosa? Di aver la fortuna di esser tanto elastici da poter vivere dove più si sente di stare a seconda delle proprie stagioni o di vedere, in una città apprezzata solo in parte, un “romantico” scorcio a rinforzare le proprie origini? 😉

  8. Ah, io e la nebbia non siamo compatibili, non ce la faccio, mi manca l’orizzonte.
    Noi di Genova non ci siamo abituati alla nebbia, proprio no.
    E riguardo al fatto di sentirsi un altropolide, tu lo sai, io mi sento profondamente legata alla mia città ma nella mia testa sento anche che è tutto il mondo la nostra casa, qualunque parte di esso per chiunque di noi.
    Un abbraccio, bello leggerti, sempre.

  9. Certe mattine presto al parco nord qualche settimana fa l’ho vista sospesa appena sui prati e si sempre mai fitta come quando eravamo bambini… si sono bei ricordi e non sai nemmeno come e perché. ..

  10. Bello altropolide… Io a volte quando mi muovo tra i miei luoghi non distinguo tra partenze e rientri… Anche se in fondo rimarrò sempre un po’ bidduncola (paesanotta), come dicono qua a Cagliari…

  11. Ma ciao Simone, quello di @purtroppo.
    La nebbia chiama nebbia e navigarla (nelle sue varianti di fumanòn, fumana e fumanèla) è una delle poche cose belle che la Padùnia sa regalare.
    Io la chiamo così, la pianura, giusto per non essere fraintesa. E poi è un nome che sa di Po, proprio come il tuo post.

    ps)
    sono mantovana anch’io, della bassa più bassa.

  12. Sull’ altropolide ci sono. Sempre stata, non solo ora che sono proprio altrove ed evidentemente Cittàlontana non è casa e mai lo sarà. Sulla nebbia però no, non ti seguo. Qualcosa in me nella nebbia fa clic o meglio crack, sarà la mia mania di controllo che prende il sopravvento. Mi mette ansia, un’ansia densa, appunto. Sarà che l’ho vissuta tanto. Troppo. Apprezzo il cielo terso e non vedere dove finisce il cielo e comincia il mare, o viceversa. Poi continuo a navigare a vista anche senza nebbia.

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