Quando il saggio decise di sedersi

saggio

Il saggio, pur avanti con gli anni, uscì di buon mattino dal villaggio. Camminò per ore fino a giungere in cima a una piccola vetta che sovrastava il paese. E si sedette. Passarono due ore e i suoi seguaci, in preda allo sconforto, decisero di non aspettare oltre.
Raccolsero dai contadini che lo avevano visto salire, quelle poche indicazioni per raggiungerlo. Unirono quei pochi generi che ritenevano potessero essere utili e decisero di mettere i propri passi in fila.
Il primo giorno lo raggiunse il discepolo più vicino. Avvicinandosi lo vide seduto e gli si sedette di fronte. Assumendo la stessa silenziosa postura, come davanti a uno specchio. Il sole descrisse tutto il suo arco e il discepolo si rialzò e scese al villaggio. Tutti lo interrogarono, sulle parole scambiate, sulle ragioni che avevano portato il maestro sulla vetta.
“Forse è per farci capire l’importanza dell’attesa. Ma non ne sono sicuro.”
Nei giorni seguenti uno alla volta, come per un patto taciuto, salirono uno dopo l’altro. Cercando la ragione, la spiegazione.

“Maestro, forse che sia l’arrivo imminente di una carestia?”
“No” rispose il vecchio saggio. E il discepolo deluso ridiscese.

L’indomani all’alba era un altro. Forte del tempo silenzioso della salita, pose la sua domanda.“Forse è la rinuncia alle cose terrene”
“No, perché?”

E così ogni giorno. “Forse è un simbolo di come la vita è piena di privazioni?”
“No”

Giorno dopo giorno. “Forse è per sottolineare la nostra fragilità”
“No”

“Forse è un modo di avvicinarti alla natura, in questa sintonia ancestrale senza uomini?”
“Bello. Ma no”

“Forse è per portare il più piccolo di noi a sentirsi simile a te?”
“No”

“Forse è per negare il bisogno di socialità, nella quotidiana ricerca di un equilibrio interiore?”
“No, no”

“Forse è per…”
“No guardate: avevo voglia di fare una camminata e di sedermi qui”

21 comments

  1. avevo già sentito una storiella simile… leggendo però il tuo post mi è venuta voglia di ripensare al Cammino di Santiago… non chiedermi perché :o)

  2. Bello. Smettere di chiedersi sempre il significato di tutto, compresi i propri comportamenti, affrancarsi dalla schiavitù della retrolettura. Che senso di leggerezza! Adatto al lunedì mattina, grazie.

  3. La bellezza dell’essenza delle cose, così semplice.
    E concordo con chi mi ha preceduto nei commenti: che senso di leggerezza!
    Un abbraccio Simone, buona giornata.

  4. bello.
    eh… leggere parole leggere senza voler per forza appesantirle non è facile, ma dare il giusto peso all’aria gravida di silenzio è spesso ancor più difficile. augh.
    : )
    “Avvicinandosi lo vide seduto e gli si sedette di fronte” mi ha stonato un po’ nel bisticcio seduto/sedette, valuta anche “accovacciò” o specchiò”, se credi (e se non credi amen)
    : )))

  5. a me hai ricordato un’analoga: racconto lunghissimo in cui si narrano le peripezie di un uomo alla ricerca del senso della vita, a cui alla fine, dopo anni, viene detto di rivolgeresi al vecchio monaco zen sulla montagna. l’uomo stremato (e dopo dieci minuti di racconto, anche gli ascoltatori…) arriva di fronte al monaco a chiedere il senso della vita.
    uomo (ridotto a un lumicino): “ti prego… dimmi…. il senso… della vita…”
    santone (pacatissimo): “la vita… è un lungo fiume tranquillo”
    uomo: “nooooo…”
    santone: “ah no?!?”

  6. Qualche giorno fa leggevo un articolo sulla comunicazione, e mi ha fatto riflettere la parte in cui si accennava al “potere” del silenzio … perché senza comunicazione da parte dell’altra persona ci si sente a disagio: allora si cerca di dare una spiegazione, di interpretare il silenzio, quando la cosa più importante è osservare e percepire, non interpretare.

  7. Certe volte si cercano significati là dove il significato è l’atto stesso. La saggezza sta nella semplicità appunto. Dovremmo tutti ogni tanto sederci e liberarci dai significati che cerchiamo spesso invano.

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