Processionaria del pino

processionariaNel bosco, da molte stagioni, circola questa storiella. L’ho sentita e risentita, ma ogni volta si aggiunqe qualche particolare nuovo, mentre qualche dettaglio che si perde per strada. Fondamentalmente la considero una leggenda, nata forse per raccogliere l’attenzione dei bambini quando si fa sera e fuori è buio.
Ma ve la racconto, così come mi è stata passata, in modo che ognuno possa farsi la propria idea.

C’era una grande montagna, con un grande versante che si allungava per miglia e miglia. La fascia tra il torrente di fondo valle e le rocce che circondano la cima era coperta da una bellissima pineta.
E dentro questa pineta vivevano tanti animali. Non ultima una grossa colonia di Thaumetopoea pityocampa. Si tratta di un lepidottero che allo stadio larvale… Insomma: poche balle. E’ un bruco peloso che vive in colonie molto numerose. E’ famoso perché si sposta in fila. Tutti in fila, questi bruchi, uno dietro l’altro. Rigorosamente. Tanto che questa specie è nota come processionaria. Processionaria del pino, per la precisione.
Lunghe, lunghissime, infinite file sugli aghi alla base del bosco. Ogni esemplare segue inevitabilmente quello che lo precede. Così, perché è giusto. Perché è sempre stato così. Un istinto così forte che va oltre la ragione. Quando i bambini di montagna vogliono fare un dispetto crudele, fanno in modo che la processione si chiuda a cerchio. In una fila che continua a portare incessantemente in nessun posto.
Non c’è tanta consapevolezza. Solo un istinto fortissimo a seguire chi ti precede.

Ma un giorno una processionaria del pino si guardò attorno e cambiò strada.
“Ehi cosa fai?” gridò preoccupata la processionaria che la seguiva.
“Ssssht! Segui le altre, non badare a me…”
“Ma no, non si può, devo seguire te e tu devi seguire le altre. Così si fa. E’ sempre stato così!”
“Seguile seguile. Io voglio vedere cosa c’è sopra. In cima ai questi pini che guardiamo sempre da sotto”
“Ma sei impazzita? Stai violando la legge della fila! Te ne rendi conto?”
Intanto che si accaloravano in questa discussione, la fila si era ricompattata e procedeva imperturbabile verso la sua rassicurante assenza di destinazione.

La processionaria fuoriuscita cominciò ad andare verso l’alto, verso la volta di questa foresta di pini neri. La sua seguace, continuò a seguirla. Non si capisce se per convincerla a tornare nella grande fila o per la forza del suo istinto di inseguitore.
“Senti basta, dai. Torniamo. Torniamo ti ho detto: non se ne accorge nessuno”
“Basta lo dico io. Torna tu, addio”
“Ma non vedi quanto è largo il bosco? Miglia e miglia. Andanvo verso l’alto quanto puoi avanzare? Dieci metri? Venti? Trenta?”
“Non importa, voglio andare in un posto dove nessuno è mai stato. Nessuno ti obbliga. Torna pure con le altre”

Arrivate in cima videro tutta la foresta dall’alto. E tra le punte sottili degli alberi videro oltre, videro la valle e le montagne di fronte. Videro le rocce che a quell’ora diventano rosa. Sentirono la brezza che a terra non arriva.
Ma durò un attimo. Uscite dalla sicura fila del terreno si erano spinte dove un Tordo bottaccio le poté notare con facilità.

In quei pochi istanti in cima, la seconda processionaria intuì che forse quel viaggio contro ogni tradizione, contro ogni logica forse non era stato inutile. Stava cercando le parole giuste per dirlo.

Ma dopo un breve volo, il Tordo le raggiunse. Due colpi di becco in meno di un secondo. E basta.

Non so se la morale di questa storia (così come mi è arrivata) sia che bisogna provare oppure, al contrario, che conviene ascoltare l’esperienza degli altri.
So che mi ha sempre fatto riflettere.

E così ve l’ho voluta raccontare.

18 comments

  1. Molto “Gabbiano Jonathan Livingston”, finale a parte. Ma in effetti la tematica del gregge (in senso negativo) o della tradizione (in senso positivo) ci permea abbastanza profondamente come animali sociali, ed è anche giusto che ci siano tante riflessioni in merito.

  2. Ma dico io, il tordo non si poteva incantare pure lui a guardare la foresta dall’altro? ché poi fosse stato attento avrebbe visto, da quell’altezza, lo sciamare delle altre processionarie al suolo, come un unico grosso e veloce serpentone. Avrebbe mangiato pure meglio.
    Invece ci insegnano sempre questa cosa che le stramberie si pagano. Argh.

      1. *alto non altro.
        E ho capito, non lo metto in dubbio, ma che palle uguale, ti pare che devo morire proprio l’istante successivo all’istante più bello della mia vita? Dammi almeno il tempo di tornare a terra e scriverci un best seller! : P

  3. Secondo me la lunga fila è la natura, quel che si è, come si sta al mondo. Il giro sull’albero è sfidare se stessi e, pure se si fa una brutta fine, meglio morire in un istante precoce che non aver mai scoperto come sono le cime degli alberi, ti pare?

  4. Eeeehhh, l’annosa questione se sia meglio un giorno da leone o cento da pecora!
    Però è strano.
    Ho sempre pensato che in fondo 100 giorni da pecora erano preferibili mentre in questo caso opto ad occhi chiusi per la processionaria pasionaria…

  5. ma… e se la morale fosse che è meglio essere tordo?
    Al netto di questo la storia è molto bella, e mi riporta alcuni ricordi (il gioco del cerchio delle processionarie) d’infanzia…

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