Ci sono volte che mi impegno, che dico quello che mi viene da dentro. Che scavo, che fatico, che rumino parole. Le ripenso correndo, le limo guidando nel traffico. Poi quando le scrivo hanno già le loro schiene dritte.
Altre volte che vorrei scrivere così, da cialtrone. Come se parlassi a un amico dopo una birra doppio malto. Di quelle birre che fuori hanno le goccioline di condensa che ti perdi a seguire con gli occhi e a volte col dito. Senza perdere il filo. Senza dare più troppa importanza all’essere seri, all’essere ligi. E i discorsi che nascono sono puri come quelle goccioline. E non importa se poi fanno la stessa fine, cadendo su tavolini di plastica bianca.
Sarà il doppio malto, sarà la sintonia delle chiacchiere, ma a volte vengono fuori discorsi come questo fatto non ricordo bene dove.
Si parlava di quanto è importante dare un aiuto a un amico. No, non parlo di traslochi. Non parlo di prestiti. Parlo piuttosto della parola giusta. Quella che ingrana la retromarcia di un dolore per reimpostarti il giusto sorriso. Quella che ti fa sentire meno irrimediabilmente solo di quanto iniziavi a volerti buttar giù. E di quanto sia frustrante la sensazione di non esserci. Di non essere lì al tempo giusto, quando le persona a cui vogliamo bene ne hanno più bisogno. Ed è davvero dura se non hai la sensazione che il tuo destino sta a cuore a qualcuno.
Servirebbero, cominciavamo a ipotizzare, delle porzioni monodose di amore. Niente di impegnativo. Un amore precotto in blister. Un insieme di frasi patetiche e costruite bene. Un’adorazione premasticata pronta all’uso. Anche senz’acqua. Un qualcosa senza conservanti, né coloranti e con pochi edulcoranti sintetici.
Una frase sguaiatamente estrema “Ti voglio tanto tanto bene” da lasciare lì, a disinfettare qualsiasi fiorire di muffe depressive.
Un “Ti amo sempre, ti amo da sempre”. Così, senza chiedere il resto.
Oppure un “Mi manchi, sai?” da mettere in un libro, per raccoglierlo quando ci cade per errore sui piedi.
O con una imprevedibile energia “Il passato non mi interessa, ci sei tu”. Spietatamente, senza respiro.
Ma, ascoltami bene: non una sequenza di esche messe in fila verso una trappola. Piuttosto briciole lasciate sulla neve del davanzale. Senza stare a guardare se viene qualcuno a beccarle.
“Ero al telefono, mi ami ancora, vero?” Uno stupore regalato, incartato da sorriso per passare la dogana.
O una sequenza di parole ad argano, per risollevare dai fossi più scivolosi “Non ti posso amare in confort zone. Non ti posso adorare in linea di massima. Non ti posso anelare a targhe alterne. Giochiamoci un assoluto e fanculo se poi cadiamo sulle clausole scritte in piccolo”.
E ancora “Nessun amore di grana grossa per noi” oppure “Tu lo sai che non posso non amarti nemmeno se non vuoi”.
Per poi alzarsi dal tavolino, riportare le bottiglie al bancone della vita e pensare che sì: l’idea scema dell’amore precotto non è mica così male.
E ridere. E comunque sentirsi meglio. Vedi che funziona?
“lo sai che ti amerò per sempre… anche se io la birra la preferisco alla spina”
nella seconda edizione c’è posto :-)
Ma le pozioni d’amore precotto hanno una scadenza o possono passare agli eredi o di vita in vita? Per me, che non ho il microonde, l’importante è sempre dirlo. Sul modo mi adatto. Va bene anche scongelato al momento.
Erano poRzioni, non pozioni. Cosa da discount. Ma tanto tanto comode, quando ne hai bisogno!
Ahahah! Retaggi da sognatrice romantica e sentimentale :-)
‘Non pensavo di volerti bene ma mi scappa come una tetta fuori dal reggi’… beh, me lo permetterai *
Volevo vedere se c’avevi il coraggio di scriverlo sul blog di Umberto Eco!
L’ultima frase è, da più di un anno, il principio ispiratore della mia vita di relazione. (E non)
Ma è bellissimo Cri. Ridiamoci una possiblità, ridiamoci sopra.
“Ma, ascoltami bene: non una sequenza di esche messe in fila verso una trappola. Piuttosto briciole lasciate sulla neve del davanzale. Senza stare a guardare se viene qualcuno a beccarle.”
Questo cambia parecchio la cosa.
Senno’ sai, l’amore in scatola pronto all’uso… Manca solo questo in un mondo gia’ tutto in scatola. :)
Ma non parlavo di grande amore, con le maiuscole e i puntini delle i a forma di cuoricino. Parlavo di una dimostrazione di affetto. Mi stai a cuore. Esisti.
Sì, per quello dico che quella tua frase lì cambia un sacco le cose. Perché è bello l’affetto così universale.
Mi ricordo una considerazione di un personaggio di Foer: “Più ami qualcuno, pensava, e più dirglielo è difficile. Lo stupiva che persone sconosciute non si fermassero a vicenda in strada per dire Ti amo. “
come dire: siamo un po astronauti bisognosi di affetto?
Sempre!
ti cito, in entrambi i sensi. E poi ti dico se funziona, sennò ti chiedo i danni.
;)
ridiamoci una possibilità, ridiamoci sopra.
Va bene. Ho fiducia